domenica 19 maggio 2019

Imago #7 (many years later): w FACEBOOK, ʍ FACEBOOK

Piccola premessa doverosa:

Non lodo Facebook a priori. Verso Facebook ho piuttosto una posizione critica dovuta alla poca chiarezza di come funzionino gli algoritmi e a casi come la Brexit (https://www.agi.it/…/perche_facebook_minac…/news/2019-04-21/). A parte questo lo ritengo uno strumento importante per la mia vita. Su Facebook io non sono interessato alle vite degli altri (cit.) Non passo le giornate a guardare foto personali (a meno che non siano di persone pazzesche con storie pazzesche come Enrico Orlando o Emanuele Canton) ma Facebook è per me fonte di informazione, divertimento o ispirazione soprattutto tramite articoli di giornali, blog, ecc.

Mi piace quello che scrivi!

Partiamo dall'episodio. Ieri sera mi è successo per la terza volta (in centro a Padova, in Consiglio Diocesano, alla festa del patronato) nel giro di un mese di rivedere delle persone che non vedevo da mesi se non anni e alla domanda di rito: "Come stai? Come va?" sentirmi rispondere: "Bene bene. Sai, anche se non ci sentiamo, ti seguo sempre su Facebook e mi piace un sacco quello che scrivi e condividi"
Sono persone con cui ho legami profondi e con cui in passato magari ho condiviso molto (nel senso originario e non informatico del termine) ma che per lontananza, cambi di ritmi di vita, ecc. non riesco più a sentire come anni fa.
Mi ha fatto molto strano. Da un lato mi ha fatto piacere: è stato come scoprire un filo, una connessione. Una specie di sguardo amorevole e silenzioso di cui non mi ero mai reso conto.
Dall'altro mi sono veramente stupito perché, a differenza dei ragazzini a caccia di like, io non scrivo o condivido per cercare approvazione, ma con un senso di "restituzione" (vedi la premessa). "Quell'articolo, quell'immagine, quella storia, ha fatto del bene alla mia vita. Può averlo fatto in vari modi: facendomi ridere, facendomi piangere, indignandomi, ricordandomi episodi, incuriosendomi. E per questo lo ricondivido pensando possa far bene anche a qualcun altro".
Quando lo faccio però non penso a quanti leggeranno: lo metto lì e fine della storia. Anche perché a causa di quell'algoritmo oscuro e misterioso di Zuckerberg va a sapere tu dove andranno a finire quelle parole. È come lasciare un palloncino con il bigliettino o un messaggio in una bottiglia.
E a volte mi stupisco di dove vada a finire il palloncino: mi stupisco che magari persone conosciute nell'ambito dello sport mi mettano un like su un articolo di politica; oppure colleghi di lavoro che leggono e commentano articoli di religione...

Senso unico? Anche no!

A conclusione di tutto questo discorso mi sono reso conto che spesso ci limitiamo solo a leggere, magari mettere qualche like e stop perché... è comodo! Se commentiamo è spesso perché abbiamo prurito alle mani e non riusciamo a stare zitti.
Invece mi sento di fare un piccolo appello a chi è arrivato in fondo a questo pippone. Commentiamo portando anche semplicemente il nostro punto di vista, non solo la nostra indignazione o soddisfazione. Facciamo diventare anche questo uno spazio vero di confronto e crescita.
D'altra parte come tutti quelli della mia generazione si sentono dire da quando erano piccoli (e allora si parlava di TV): non è lo strumento ad essere buono o cattivo, ma è l'uso (o l'abuso) che se ne fa ad essere buono o cattivo.