domenica 19 settembre 2021

Imago #10: Non si finisce mai di imparare (e forse dobbiamo accettarlo)

 

Un vecchio adagio recita: "Non si finisce mai di imparare". 
Ecco per me questo è stato uno shock da cui forse devo ancora riprendermi.
Non è un segreto che a me sia sempre piaciuto andare a scuola. Mi è sempre piaciuto imparare cose nuove, anche nelle materie che magari odiavo, come Filosofia. Però dentro di me avevo questa falsa illusione che a un certo punto sarebbe finita. Intendiamoci, non che avrei finito di imparare, ma che a un certo punto ne avrei saputo abbastanza, almeno di una materia, da sentirmi "adeguato".
E invece no. Invece è come essere dentro un frattale. Date un occhio all'immagine qui sopra. Dà le vertigini vero? È una caduta infinita in nuovi mondi... È come salire una montagna e la cima non arriva mai.
Ecco come mi sono sentito io nel corso dei miei studi.

Parti alle elementari, arrivi in quinta e sai che alle medie imparerai tante cose nuove. Idem nel passaggio alle superiori. Poi in quinta superiore il primo dramma, la prima scelta: per l'università dovrai per forza abbandonare delle materie che ti piacciono, tutto non si può fare. E per uno che era indeciso sulla facoltà tra fisica, storia e ingegneria era una gran bella scelta.
Con un bel po' di dubbi scegli Ingegneria abbandonando lungo la via materie che comunque ti appassionano (e che ora affollano i miei podcast) come storia, biologia, astronomia. Ma a te piacciono la fisica e la matematica ma anche l'informatica, in queste materie ti senti forte per cui vada per Ingegneria. Ma questa tua presunta forza viene messa bene alla prova dal primo anno in cui ti arrivano in serie Analisi I, Geometria, Fisica I... tutte materie che in teoria conoscevi già e che invece ti aprono mondi sconosciuti.
Ma finito il primo anno ce ne sono altri quattro. Gli esami riguardano materie di cui ignoravi completamente l'esistenza come "Controlli Automatici" o "Teoria dei Sistemi". Prima li ignoravi, ora diventano la tua materia preferita. Ed ecco la seconda grande scelta dopo quella della quinta superiore: a che professore chiedo la Tesi? Campi Elettromagnetici, Elaborazione numerica dei Segnali o Teoria dei Sistemi? Per i non addetti ai lavori sembrano sempre robaccia da ingegneri, ma vi assicuro che c'entrano l'una con l'altra quasi come la fisica con la storia. Alla fine vada per "Teoria dei Sistemi". Mi laureo, alla discussione praticamente capiscono quello che dico solo il mio relatore e il presidente di commissione. Per gli altri praticamente è arabo. Ti laurei, ti senti forte, sai un sacco di cose, hai fatto un sacco di fatica ma finalmente ne sai a pacchi di trasmissioni, controllo, codifiche...

Poi, visto che decidi di continuare, inizia il dottorato e lì arriva lo shock: passi dall'altra parte e capisci che nei 28 esami che ti hanno portato alla laurea, che sono costati un bel po' di fatica, in realtà tu hai studiato un "bignami". Hai visto la punta dell'iceberg. Hai visto i fondamenti di ogni singola materia. Quello su cui si fa ricerca è anni luce più avanti e si aprono mondi di cui non avevi la minima idea, mondi che scopri di conferenza in conferenza...

E lì io mi sono fermato, schiacciato da questa enormità di conoscenza. La fatica e la quantità di tempo richieste per conoscere anche solo decentemente un solo pezzetto di questa enormità mi hanno bloccato. Mi sono rassegnato. Sono uscito. Mi sono messo a fare altro in cui non fossi in questa caduta infinita.

Ma con una nostalgia infinita di quel sapere, nostalgia che torna e si insinua un po' ovunque.

E forse prima o poi riprenderò quella caduta, stavolta con un atteggiamento diverso, non di chi vuole vedere cosa c'è in fondo, ma di chi si vuole godere il viaggio.

lunedì 1 febbraio 2021

Imago #9: Il bambino nel carrello, la guerra termonucleare globale e il presente che non esiste.

 

La settimana scorsa ero in coda alla cassa di un supermercato e la mia attenzione è stata catturata da un bimbo di 4-5 anni che, seduto nel carrello della spesa, stava usando con disinvoltura lo smartphone della mamma.
Al di là di tutti i ragionamenti e le obiezioni che potremmo fare sull'utilizzo a volte anche troppo intenso e precoce di questi strumenti da parte dei più piccoli mi sono soffermato sul concetto di realtà e di presente.
Per questi bimbi il cellulare è parte integrante del mondo, per loro è sempre esistito ed è uno degli oggetti "naturali". Loro non hanno vissuto l'epoca pre internet, pre smartphone, pre cellulare. Quello che per noi è stata una novità, un cambiamento, una realtà "cambiata" per loro è semplicemente la realtà. 
Allo stesso modo per noi degli anni '80 erano scontati la televisione, i cartoni animati e il Commodore 64. Noi siamo cresciuti in un mondo che era normale fosse diviso in due blocchi: da un lato c'erano i buoni americani, dall'altro i cattivi russi. Era la normalità e c'erano fior fiore di film a ricordarcelo, da Top Gun a Rocky 4, da Caccia a Ottobre Rosso alla Guerra Termonucleare Globale di War Games. Quello che per noi era semplicmente il mondo e che abbiamo vissuto la caduta del muro e dell'URSS come un grande cambiamento, era in realtà una semplice fase storica che è durata appena qualche decennio.

Da tutto ciò torna con forza una delle grandi "rivelazioni" di questi ultimi tempi: il presente non esiste, è un semplice futuro che istantaneamente diventa passato. Siamo noi a creare il presente cercando e sottolineando le parti che non cambiano perché abbiamo bisogno di certezze. Abbiamo bisogno di stabilità. Così il nostro presente diventano i nostri genitori, i nostri amici, le nostre abitudini ma ognuna di queste entità della nostra vita in realtà sta cambiando, alcune più lentamente altre in maniera più sensibile.
I nostri genitori invecchiano, gli amici cambiano, a volte se ne vanno. E la nostra tendenza è quella del bambino del carrello, dare per scontato che tutto sia come il cellulare, che sia sempre esistito e sempre esisterà. Invece la verità è che il mondo è come quello stesso cellulare, ma visto dal nostro punto di vista. Con la consapevolezza che è solo un momento che sta già diventando qualcosa di nuovo e diverso.