Noi bambini degli anni 80 siamo cresciuti in un mondo diviso in due, in cui c'erano i buoni e cattivi. Un mondo di MIG cattivi su cui volare a testa in giù, di Ivan Drago che ti spiezza in due e di guerre termonucleari globali evitate giocando a tris.
Poi arrivarono questi due, i loro abbracci, i loro sorrisi e le loro firme. E anche se eravamo piccoli se ne parlò così tanto di quello stop alla corsa agli armamenti che capimmo anche noi che era proprio un evento storico. Era normale e giusto che di fronte a una catastrofe evocata e minacciata in mille modi (non solo nel cinema... pensiamo a Hammer To Fall o a A Hard Rain is gonna fall), la ragione avesse la meglio.
Poi però penso alla Cecenia, a tutte quelle rassicurazioni date all'Ucraina per farle cedere le armi nucleari salvo poi stupirsi quando una delle nazioni dell'accordo decidono di invaderla.
Allora mi dico che qualcosa bisogna fare. Che anche se contro i miei e nostri principi, non si può lasciare l'Est Europa in mano al novello Hitler come se fossero i Sudeti o la Polonia di 80 anni fa. Le armi sono innegabilmente una delle sciagure dell'umanità ma di mio io sono contento che carabinieri e polizia siano armati per la mia sicurezza.
Ecco appunto. Forse il punto sta proprio qui. Nel nostro modello europeo non sono i singoli cittadini ad armarsi e a difendersi da soli. Non abbiamo un secondo emendamento, per fortuna.
E riportato agli stati non mi sembra una grande idea finanziare il riarmo dei singoli stati quando tra quegli stati c'è pure l'Ungheria di Orban. Anche perché i finanziamenti militari senza garanzie non sono finiti proprio benissimo in passato (pensiamo all'Iraq di Saddam Hussein contro l'Iran o a Bin Laden contro l'invasione russa dell'Afghanistan).
Quindi capisco l'urgenza. Qualcosa bisogna fare. Ma concordo anche con Elly Schlein che dobbiamo arrivare velocemente a una difesa europea invece che armare i singoli stati.
Perché, come si dice in Veneto, "el tacon non sia peso del buso".